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SEI ANNI DI REPRESSIONE, SEI ANNI DI RESISTENZA

Antonio Cerezo- Centro di Sterminio “L’Altiplano”

venerdì 28 settembre 2007, di Comité Cerezo México

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Esiste nel nostro paese un grande malcontento sociale che non é una invenzione di menti machiavelliche, che cercano ovunque difetti o a cui piace criticare quello che non va bene.

Il malcontento é prodotto di fatti concreti che colpiscono la vita quotidiana di milioni di concittadini.

Il lavoratore onesto, responsabile davanti alla sua famiglia e alla societá, si scontra da un giorno all’altro con prezzi aumentati, giustificabili solo per la speculazione di un mercato dominato da grandi monopoli nazionali e stranieri. Cresce il chilo di tortilla, cresce l’uovo, il pollo, l’olio, la carne di maiale e di manzo, il latte; cresce la benzina, il diesel, cresce il gas butano; crescono di prezzo cose cosí indispensabili per portare avanti una vita degna, salutare, decorosa, che giorno dopo giorno la domanda é come affrontare il domani senza sembrare mendicanti.

Ma non solo si colpisce l’economia dei poveri e della classe media con l’aumento dei prezzi e i salari bassi, si fanno pure leggi come la nuova legge dell’ISSSTE, che condanna a morte milioni di cittadini Il nuovo dogma neoliberista, rispetto alla salute é, senza soldi non c’é attenzione medica degna, o (che é lo stesso) se non puoi pagare, muori.

Questi colpi tangibili generano malcontento, tanto profondo che neppure i mezzi di comunicazione di massa, malgrado il loro incarico di dare “pane e circo” al popolo attraverso la manipolazione dell’informazione, possono fare che la gente si dimentichi delle proprie amare pene giornaliere.

Vivere schiavizzato da un lavoro mal pagato, o andare da irregolare negli Stati Uniti, o il lavoro informale. Che altra alternativa si lascia ai milioni di messicani che aspirano a una vita degna?

Ma se il popolo, disperato, arrabbiato, per tutta la situazione economica e sociale avversa, si organizza e si mobilita, peró si scontra con un grande muro burocratico che non gli offre nessun altra soluzione che non siano briciole o la sottomissione per mezzo della forza.

E allora un altro aspetto della nostra realtá si fa evidente: non ci sono risorse materiali per fare uscire i lavoratori dalla povertá. Non ci sono risorse per l’educazione, per la salute, la casa, lo sviluppo dell’agricoltura né per aumentare i salari; ma invece ci sono risorse per comprare piú manganelli, piú lacrimogeni, piú armi e piú munizioni
Non si possono risolvere problema antichi, in qualche giorno, e fanno proiezioni a dieci o venti anni per soluzionarli, peró invece si puó organizzare la repressione e reprimere in pochi giorni o in poche ore; sí si puó applicare la legge contro gli attivisti- trattati come delinquenti- in modo immediato e rapido per condannarli a piú di sessanta anni di prigione, mentre l’indagine contro i responsabili di morti, torture, violenze sessuali e scomparse forzate, si perde nel caos del sistema di giustizia che é cieco davanti alle necessitá del popolo represso.

Comunque, nonostante la repressione prenda piede come mezzo di controllo sociale, il popolo e le sue organizzazioni fanno resistenza e cercano di continuare a lottare, non abbassando la testa e facendo mostra di una tenacia storica, per costruire un Messico giusto, democratico e equo, cercano alternative per dare forma alla necessitá estrema di vivere con dignitá.

Cosa possiamo fare noi, i prigionieri politici e di coscienza, nel mezzo di questa realtá che ci affanna?

Cosa possiamo fare, rinchiusi in mezzo all’impunitá?

Possiamo non arrenderci, non rinunciare a ció in cui crediamo, possiamo non pentirci mai di aver dato il meglio delle nostre capacitá per il benessere sociale, per il bene del popolo del quale siamo parte indissolubile.

Possiamo sentirci degni di essere una espressione in piú della volontá infrangibile del nostro popolo di liberarsi dello sfruttamento e della oppressione continua e assassina.
Possiamo giorno dopo giorno sentirci orgogliosi perché abbiamo scelto di non vendere la nostra penna né il nostro pensiero al miglior offerente, perché le nostre braccia non sono utili per colpire i manifestanti o per assassinare chi protesta; perché non pianifichiamo strategie di repressione, perché non facciamo appelli alla rinuncia di una lotta giusta e necessaria.

Possiamo esigere la nostra libertá, e quella di tutti i prigionieri politici che ci sono nel nostro paese.

Come ci piacerebbe vedere che le organizzazioni sono unite attorno ad un programma comune di lotta, come ci piacerebbe che la libertá di tutti i prigionieri politici e di coscienza e la presentazione in vita dei desaparecidos fosse una domanda comune. Nonostante ció siamo coscienti che questa unitá tanto necessaria del movimento sociale sará un prodotto di un complesso processo la cui durata dipenderá dalle capacitá di tutti quelli che partecipano nella lotta per un mondo migliore.

Nel frattempo continuiamo senza fermarci, sopportando le condizioni di reclusione, a volte difficili, credendo che nel suo interno il nostro popolo creerá per sé stesso uomini capaci di dirigerlo, cosí come creó Hidalgo, Morelos, Juárez, Zapata, Villa; uomini che dovranno essere piú che capi, che dovranno essere capaci di creare collettivitá capaci di condurre i desideri e le aspirazioni storiche che ancora non trovano successo.

Il prossimo 13 di agosto Hector e io compieremo sei anni di illegale e ingiusta prigione, sei anni ostaggi dello stato, prigionieri di coscienza.

Vogliamo ringraziare tutte le organizazioni e le persone in Messico e in altri paesi che sono state solidali con noi, ma anche con Alejandro e Pablo Alvarado, quando sono stati prigionieri, e con i membri dei comité che lottano per la nostra libertá.

A queste organizzazioni e persone vogliamo dire che resisteremo il tempo che ancora ci manca da passare qui in prigione, che non c’é nulla in noi che ci porti a non farlo, che resistere é stare vivi, affrontare le avversitá ed essere pazienti.

Ricevete da noi un saluto fraterno e combattivo
Ai nostri genitori, tutto il nostro amore
Dopo sei anni di illegale e ingiusta prigione
A cinque anni e nove mesi dall’assasinio di Digna Ochoa
Prigionieri oggi, liberi sempre!

Antonio Cerezo Contreras

CEFERESO No. 1 “Altiplano”. Almoloya de Juárez, Edo. de México.

Luglio del 2007.

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